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Valutazione del rischio stress da lavoro correlato

All’interno del DOCUMENTO di VALUTAZIONE DEI RISCHI, il tecnico deve valutare anche il RISCHIO STRESS-LAVORO CORRELATO

Lo stress lavoro-correlato viene descritto all’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 quale “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1). Nell’ambito del lavoro tale squilibrio si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste lavorative. Lo stress lavoro-correlato, in particolare, è causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.

L’articolo 28, comma 1, del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, prevede che la valutazione dei rischi debba essere effettuata tenendo conto, tra l’altro, dei rischi da stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. La Lettera Circolare del Ministero del Lavoro del 18 novembre 2010 fornisce le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato.

La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è obbligatoria per tutti i datori di lavoro pubblici e privati, ed è parte integrante della valutazione dei rischi. Essa viene effettuata (come per tutti gli altri fattori di rischio) dal datore di lavoro avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST).

La valutazione si articola in due fasi: una necessaria (la valutazione preliminare); l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure di correzione adottate a seguito della stessa, dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci.

Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio. Diversamente, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi (ad esempio, interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi, etc.). Ove gli interventi correttivi risultino inefficaci, si procede, nei tempi che la stessa impresa definisce nella pianificazione degli interventi, alla fase di valutazione successiva. La valutazione approfondita prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori, ad esempio attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi-strutturate sulle famiglie di fattori/indicatori di cui all’elenco sopra riportato.

I datori di lavoro che non effettuano la VR SLC sono soggetti a una sanzione che è pari all’arresto da 3 a 6 mesi o a un’ammenda da € 3.071,27 a € 7.862,44. Nel caso in cui, inoltre, vengano configurati danni a carico del lavoratore a causa dello SLC, si applicano anche sanzioni civili che fanno leva sull’articolo 2.87 del Codice Civile.

L’art. 29 del Testo Unico Sicurezza, afferma che la valutazione del rischio stress lavoro-correlato dovrebbe essere rielaborata nel termine di 30 giorni in caso di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro che risultino significative per la salute e la sicurezza dei lavoratori. In particolare, secondo le indicazioni del Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro, la valutazione del rischio SLC deve essere aggiornata ogni due anni se la valutazione preliminare ha dato esito negativo o le misure correttive sono risultate efficaci; inoltre risulterà necessario monitorare l’efficacia delle misure correttive poste in atto, secondo una tempistica che deve essere specificata nel documento di valutazione del rischio.

CERT Imp

Il CERT. IMP, è un documento che sempre più spesso viene richiesto dal Comando dei Vigili del Fuoco, con l’obiettivo di “sanare” impianti per i quali non si dispongono di informazioni sufficienti. Una responsabilità a carico del progettista, che però con le dovute prove ed indagini consente di riavviare l’attività senza problemi.

Dich Imp

Il DICH-IMP dovrà essere firmato dall’Installatore dell’impianto il quale dichiara che:
L’impianto è stato realizzato conformemente al progetto firmato da un Tecnico Abilitato. Il progetto dovrà essere tenuto a disposizione del titolare dell’Attività.

La realizzazione dell’impianto risulta conforme alla regola dell’arte (normativa vigente di riferimento)
L’installazione è stata fatta solo con componenti costruiti a regola d’arte ed adatti allo specifico luogo di installazione. (su questo punto è indispensabile rimandarvi in un interessante ed approfondito articolo data l’enorme confusione che ancora oggi vige sull’argomento)
Per l’impianto è stata verificata la corretta funzionalità, avendo eseguito le verifiche richieste dalle norme tecniche applicabili e dalle disposizioni legislative (per i sistemi di controllo del fumo vige in Italia la norma UNI 9494-3:2017)
È di fondamentale importanza ricordare che al Dich-Imp vanno allegati il progetto di impianto, la relazione tipologica dei componenti utilizzati ed il manuale di uso e manutenzione dell’intero sistema. Vedremo nel corso dell’articolo uno ad uno come sono realizzati tali documenti.

È quindi chiaro che l’installatore si assumerà la responsabilità di quanto certificato, in quanto firmatario del modello. Si specifica comunque che l’installatore dell’Impianto può corrispondere a persona fisica o giuridica. Pesante responsabilità che dovrebbe indurre l’installatore non solo a prestare molta attenzione al suo lavorato, ma anche a effettuare tutte le corrette valutazioni sui componenti e sulle procedure di corretta posa in opera nonché al rispetto del progetto.